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Paziente pediatrico, Cure palliative e fine vita

Prima del 2017 in Italia non c’era una soglia di età prevista per legge per acconsentire/rifiutare il trattamento sanitario. 

Nel 2017 il legislatore si riferisce ufficialmente alla Capacità di Agire (18 anni), quindi la persona ha diritto a rifiutare il trattamento sanitario).

MA potrebbe essere una scelta contraddittoria: 

Il consenso o rifiuto al trattamento sanitario è espresso dai rappresentanti legali, tenendo conto della volontà del paziente.

Si parla, quindi, di autodeterminazione. Ma di chi?

L.219/2017: Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento

RELAZIONE DI CURA (Art.1, c.2, sul Consenso Informato):

“È promossa e valorizzata la relazione di cura e di fiducia tra paziente e medico che si basa sul consenso informato nel quale si incontrano l’autonomia decisionale del paziente e la competenza, l’autonomia professionale   e   la   responsabilità del   medico. Contribuiscono alla relazione di cura, in base alle rispettive competenze, gli esercenti una professione sanitaria che  compongono l’equipe sanitaria. In tale relazione sono coinvolti, se il paziente lo desidera, anche i suoi familiari o la parte dell’unione civile o il convivente ovvero una persona di fiducia del paziente medesimo.”

È importante ragionare sul concetto di CURA: “to cure” (fare terapia) o “to care” (prendersi cura della persona): dalla norma si estrapola il “to care”, quindi farsi carico globalmente dei bisogni della persona, non solo terapeutici.

Parola chiave nella Relazione di Cura: Ascolto

In particolare è ancora più importante con il paziente minorenne, in cui l’ascolto è una rappresentazione dei bisogni del paziente. (Codice deontologico professioni infermieristiche, art.4)

Art.3 L.219/2017: 

c.1: “La persona minore di età o incapace ha diritto alla valorizzazione delle proprie capacità di   comprensione  e  di decisione, nel rispetto dei diritti di cui all’articolo 1,  comma  1. Deve ricevere informazioni sulle scelte relative alla propria salute in modo consono alle sue capacità per essere messa nelle condizioni di esprimere la sua volontà.”

Idea che verrà lasciata al minore la possibilità di scelta.

In realtà…

c.2: “Il consenso informato al trattamento sanitario del minore è espresso o rifiutato dagli esercenti la responsabilità genitoriale o al tutore tenendo conto della  volontà  della  persona  minore,  in relazione alla sua età e al suo grado di maturità,  e  avendo  come scopo la tutela della salute psicofisica e della vita del minore  nel pieno rispetto della sua dignità.

Alla luce di quanto sopra, quindi, chi deve ascoltare la volontà del minore? Genitori o medici? 

La risposta è: anche professionista sanitario.

Non viene fatto nessun limite di età al riguardo della pianificazione delle cure, ma le disposizioni anticipate di trattamento sono aperte ai soli maggiorenni. 

Il minore ha il DIRITTO di essere informato SEMPRE (Art.1 L.219/2017), anche se i genitori chiedono il contrario.

RIFIUTO della Proposta Terapeutica (Art.1, c.5)

“Ogni persona capace di agire ha il diritto di rifiutare, in tutto o in parte, con le stesse forme di cui al comma 4, qualsiasi accertamento diagnostico o trattamento sanitario indicato dal  medico per la sua patologia o  singoli  atti  del  trattamento  stesso.  Ha, inoltre, il diritto di revocare in qualsiasi momento, con le stesse forme di cui al comma 4, il consenso prestato, anche quando la revoca comporti l’interruzione del trattamento.  Ai fini della presente legge, sono   considerati   trattamenti   sanitari   la   nutrizione artificiale e l’idratazione artificiale, in quanto somministrazione, su prescrizione medica, di nutrienti mediante dispositivi medici. 

Qualora il paziente esprima la rinuncia o il rifiuto di trattamenti sanitari necessari alla propria sopravvivenza, il medico prospetta al paziente e, se questi acconsente, ai suoi familiari, le conseguenze di tale decisione e le possibili alternative e promuove ogni azione di sostegno al paziente medesimo, anche avvalendosi dei servizi di assistenza psicologica.  Ferma restando la possibilità per il paziente di modificare la propria volontà, l’accettazione, la revoca e il rifiuto sono annotati nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico.”

MA Art.3, c.5: 

“Nel  caso  in  cui  il  rappresentante  legale  della   persona interdetta o inabilitata  oppure  l’amministratore  di  sostegno,  in assenza delle disposizioni anticipate di  trattamento  (DAT)  di  cui all’articolo 4, o  il  rappresentante  legale  della  persona  minore rifiuti le cure proposte e il medico ritenga invece che queste  siano appropriate e necessarie, la decisione è rimessa al giudice tutelare su ricorso del rappresentante legale della persona interessata o  dei soggetti di cui agli articoli 406 e seguenti del codice civile o  del medico o del rappresentante legale della struttura sanitaria”.

Se il rifiuto proviene da chi esercita la responsabilità genitoriale, anche al riguardo di cure palliative e cure necessarie alla sopravvivenza, ma il medico ritenga le cure necessarie, deciderà il giudice tutelare per quanto riguarda i soggetti previsti dagli artt. 406 e ss. c.c.  

Deve essere l’EXTREMA RATIO.

Diversa situazione

Genitore richiede un trattamento che il medico ritenga non necessario (Art.1, c.6):

“Il medico è tenuto a rispettare la volontà espressa dal paziente di rifiutare il trattamento sanitario o di rinunciare al medesimo e, in conseguenza di ciò, è esente da responsabilità civile o penale. 

Il paziente non può esigere trattamenti sanitari contrari a norme di legge, alla deontologia professionale o alle buone pratiche clinico-assistenziali; a fronte di tali richieste, il medico non ha obblighi professionali.”

Qualcuno ritiene che, anche in questo caso, ci si possa riferire al giudice tutelare. Ma in realtà dovrebbe essere il medico, tramite l’ascolto del paziente, a decidere.

L’ascolto del minore è OBBLIGATORIO, principio che pervade l’ordinamento, a prescindere dal tema medico (tranne non sia palesemente controproducente o inutile), anche per i minori di 12 anni. 

La Locuzione “Consenso Informato” ha ucciso l’informazione: 

Tutti pensano l’informazione come propedeutica al consenso. Non dovrebbe essere solo questo l’informazione, non solo i rischi. Si informa anche per preparare una persona alla situazione e a ciò che si sta realizzando. 

Deve essere data anche al bambino, deve essere preparato all’ingresso all’ospedale, ciò che accadrà, etc. 

PIANIFICAZIONE CONDIVISA DELLE CURE (PCC)

Nuova introduzione con la L.219/2017 all’Art.5: 

c.1: “Nella relazione tra paziente e medico  di  cui  all’articolo  1, comma 2, rispetto all’evolversi delle conseguenze  di  una  patologia cronica e invalidante o caratterizzata  da  inarrestabile  evoluzione con prognosi infausta,  può essere  realizzata  una  pianificazione delle cure condivisa tra il paziente  e  il  medico,  alla  quale  il medico e l’equipe sanitaria  sono  tenuti  ad  attenersi  qualora  il paziente venga a trovarsi nella condizione di non poter esprimere  il proprio consenso o in una condizione di incapacità”.

Accordo preliminare con il medico nel caso in cui il paziente non fosse più in grado di autodeterminarsi. In realtà è diventato uno strumento necessario per aggiornare la terapia della persona nell’ottica delle terapie attuali e delle possibilità future, informando il paziente delle possibilità.

“Cronica e invalidante”: Applicabile a tutte le patologie in qualche modo evolutive.

TUTTI saranno costretti ad attenersi alla PCC, anche i futuri medici ed equipe che potrebbero prendersi cura della persona. 

c.2: “Il paziente e, con il suo consenso, i suoi familiari o la  parte dell’unione civile o il convivente ovvero una persona di sua  fiducia sono adeguatamente informati, ai sensi dell’articolo 1, comma  3,  in particolare sul possibile  evolversi  della  patologia  in  atto,  su quanto il paziente può realisticamente  attendersi  in  termini  di qualità della vita, sulle possibilità  cliniche  di  intervenire  e sulle cure palliative”.

Non c’è un’indicazione precisa nella norma che si riferisca ai minori. È sottointeso dalla norma stessa che il minore in questo caso non possa non essere presente. 

c.3: “II paziente esprime il proprio consenso rispetto a quanto proposto dal medico ai sensi del comma 2 e i propri intendimenti per il futuro, compresa l’eventuale indicazione di un fiduciario”.

Per il maggiorenne è prevista la partecipazione del fiduciario. 

c.4: “Il consenso del paziente e l’eventuale indicazione di un fiduciario, di cui al comma 3, sono espressi in forma scritta ovvero, nel caso in cui le condizioni fisiche del paziente non lo consentano, attraverso video-registrazione o dispositivi che consentano alla persona con disabilità di comunicare, e sono inseriti nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico.  La pianificazione delle cure può essere aggiornata al progressivo evolversi della malattia, su richiesta del paziente o su suggerimento del medico”. 

c.5: “Per quanto riguarda gli aspetti non espressamente disciplinati dal presente articolo si applicano le disposizioni dell’articolo 4”.

PROBLEMA:

Nel caso di un bambino piccolo, in cui i genitori scelgano la PCC, si deve ricordare che il genitore non è paziente, idealmente sarà sempre “capace”. Serve in questo caso, nell’eventualità di un’emergenza in cui i genitori non possano essere immediatamente contattabili, o l’equipe di riferimento non fosse disponibile e dovesse intervenire un gruppo di medici diverso da quelli curanti (es. necessità di chiamare il 118).

MIGLIOR INTERESSE DEL MINORE

Non menzionato dalla L.219/2017.

Menzionato dall’art.38 del Codice Deontologico dei Medici.

“Best Interest” è un termine che si muove tra l’ovvio e l’evanescente.

È difficile identificarlo, dipende da persona a persona e di caso in caso. 

Il medico non può immaginare e vivere la dimensione affettiva famigliare, quindi è necessaria e fondamentale la PCC per riflettere e condividere un progetto con la famiglia.

Il ricorso al giudice tutelare è una sconfitta della relazione di cura. Non è detto che la decisione del giudice sarà rappresentativa del “miglior interesse”. Questo sarebbe scontato solo nel caso in cui la terapia fosse “non differibile”.

Nel caso di terapia “differibile” si prospettano due diverse soluzioni, tramite il giudice tutelare: esecuzione della relazione di cura o esecuzione volontà genitori.

Nel caso del “Grande Minore” (16,17 anni) non è MAI possibile violarne la dignità nel caso questi rifiuti i trattamenti e non voglia sottoporvisi.

OBIEZIONE DI COSCIENZA DEL MEDICO

Non è possibile perché è una materia non realisticamente obiettabile. In primis, l’obiezione in questo caso (obiezione al rifiuto di cure) sarebbe un’azione esecutiva. In secondo luogo, non vi è un controvalore bilanciabile, vi sarebbe solo un’aggressione dei diritti di una persona già malata.

La L.219/2017 non ne parla, per scelta, perché la materia non è obiettabile.

In questa legge viene giuridicizzata la FIDUCIA: è necessaria affinché il paziente si affidi al medico per potersi sottoporre a delle cure finché gli sia sostenibile, senza paura che queste non vengano cessate.

Lucrezia F. Pulcini

Fonte: Webinair Fondazione Maruzza Lyceum, per la visione integrale delle lezioni (5) visitate la loro pagina YouTube! Webinair organizzato da Prof.ssa Simona Cacace (Dipartimento di Giurisprudenza, Università degli Studi di Brescia), relatori: Prof.ssa Anna Aprile (Medicina Legale e Tossicologia- Università di Padova) e Prof. Daniele Rodriguez (Medicina Legale e Tossicologia – Università di Padova).



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Written by Lucrezia Pulcini

Medicina Legale

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