in

SCHEMA RIFORMA CARTABIA

Alcune novità rilevanti in materia processualpenalistica

Autore: Avv. Roberta Rossi, Foro di Brescia

  1. Processo penale telematico

L’obbligatorietà del deposito telematico, che trova attuazione nel nuovo articolo 111-bis c.p.p. trova una deroga alla regola generale dettata per tutti “gli atti che, per loro natura o per specifiche esigenze processuali, non possono essere redatti in forma di documento informatico”, formula volutamente ampia che vale a consentire il ricorso alle modalità tradizionali anche nelle ipotesi – diverse dai casi di malfunzionamento disciplinati dall’art. 175-bis c.p.p. – in cui contingenti e specifiche esigenze o caratteristiche proprie dell’atto non consentano la formazione dell’atto nativo digitale (si pensi, per esempio, ad una memoria redatta dall’imputato in stato di detenzione o di situazioni contingenti anche di impedimenti tecnici che non hanno le caratteristiche di un malfunzionamento nel senso dell’articolo 175-bis c.p.p.).

Termini per il deposito telematico: Articolo 172 c.p.p. – (Regole generali) (Omissis) 6-bis. Il termine per fare dichiarazioni, depositare documenti o compiere altri atti in un ufficio giudiziario con modalità telematiche si considera rispettato se l’accettazione da parte del sistema informatico avviene entro le ore 24 dell’ultimo giorno utile.

N.B. in caso di malfunzionamento dei sistemi informatici predisposti, a decorrere dall’inizio e sino alla fine del malfunzionamento dei sistemi informatici, atti e documenti sono redatti in forma di documento analogico e depositati con modalità non telematiche.

Se nel periodo di malfunzionamento scade un termine previsto a pena di decadenza, le parti sono restituite nel termine.

Domicilio digitale: Il domicilio digitale è l’indirizzo elettronico eletto presso un servizio di posta elettronica certificata (PEC) o un servizio elettronico di recapito certificato qualificato, come definito dal Regolamento eIDAS, valido ai fini delle comunicazioni elettroniche aventi valore legale ai sensi dell’articolo 1, comma 1, lettera n-ter del CAD.

Da quanto riportato emerge che il domicilio digitale, per potersi ritenere idoneo ai fini delle notificazioni, deve – necessariamente – essere censito in un pubblico elenco. Diviene pertanto regola generale quella della notifica con modalità telematiche

  • Atti e udienze a distanza – art. 1, co. 8, lett. c)

Il giudice potrà e dovrà accertare la disponibilità della indispensabile strumentazione tecnica e valutare la ricorrenza di eventuali circostanze indicativi dell’opportunità, se non addirittura della necessità, di procedere secondo l’ordinario modulo dell’audizione in presenza. Una disposizione sostanzialmente identica è stata inserita nella disciplina dell’attività di integrazione probatoria del giudice dell’udienza preliminare (art. 422, co. 2), che – in forza del rinvio ad essa compiuto dall’art. 441, co. 6 – trova applicazione anche nell’ambito del giudizio abbreviato. Suscettibili di essere partecipati a distanza sono stati altresì ritenuti l’interrogatorio di garanzia della persona sottoposta a misura cautelare (art. 294, co. 4), nonché l’udienza di convalida dell’arresto o del fermo (art. 391, co. 1).

Per l’attività della polizia giudiziaria, in aggiunta all’ipotesi appena ricordata, si è prevista la possibilità di partecipazione a distanza per l’assunzione delle sommarie informazioni dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini (art. 350, co. 4-bis).

Procedimento di esecuzione: (art. 666, co. 4) prevede la possibilità di audizione a distanza della persona che richieda di essere sentita e risulti detenuta o internata in luogo posto fuori della circoscrizione del giudice, per la quale è attualmente prevista l’audizione unicamente ad opera del magistrato di sorveglianza del luogo.

  • Registrazioni audio e video – art. 1, co. 8, lett. a) e b).

In riferimento all’interrogatorio di persona detenuta che si svolga fuori udienza (art. 141-bis) la delega ha imposto il passaggio dall’attuale equivalenza tra audio e video registrazione alla necessità di impiego in via prioritaria della seconda, sempre facendo salva l’eventualità che manchino i mezzi necessari, ma imponendo in questo caso il ricorso alla perizia od alla consulenza tecnica, data la particolare delicatezza di un atto compiuto fuori udienza e nei confronti di persona in condizioni di particolare soggezione.

In alcuni casi di particolare delicatezza (in particolare quando la persona esaminata è di età minore, è inferma di mente o versa in condizioni di particolare vulnerabilità), è stabilito che la riproduzione audiovisiva o fonografica (la prima utile soprattutto nei casi in cui vi sia l’esigenza di documentare anche i tratti non verbali della comunicazione) sia eseguita a pena di inutilizzabilità dell’atto, salvo che all’indisponibilità dello strumento o del personale tecnico si uniscano particolari ragioni di urgenza (v. art. 357, co. 3-ter). Lo stesso criterio è stato adottato per le informazioni assunte dal pubblico ministero (art. 373, comma 2-quater) e per quelle assunte dal professionista nell’ambito delle indagini difensive (art. 391- ter, comma 3-ter).

A maggior ragione la necessità della registrazione video è stata estesa alle prove raccolte in sede di incidente probatorio (art. 401), che vengono ad esistenza, com’è noto, per essere tendenzialmente valutate da un giudice diverso da quello che ha presieduto all’assunzione, e per le quali dunque è particolarmente pressante l’esigenza di ridurre il vulnus ai principi di immediatezza ed oralità.

  • Irreperibilità ed elezione di domicilio

La notificazione con le forme degli irreperibili opera solo quando non sia possibile procedere alla notificazione con modalità telematica, oltre che con le modalità di cui all’art. 157 c.p.p. e ciò in relazione a tutte le notificazioni, anche quelle relative agli atti introduttivi.

Si è quindi previsto che l’efficacia del decreto di irreperibilità non cessi più con la pronuncia del provvedimento che definisce l’udienza preliminare, bensì con la notificazione dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari. Pertanto, una volta cessata la fase delle indagini preliminari, la notificazione all’imputato dell’atto introduttivo del giudizio, cui è parificato l’avviso di fissazione dell’udienza preliminare, dovrà essere effettuata secondo le regole ordinarie e, in caso di mancato rintraccio dello stesso e di assenza di alcun indice di conoscenza della vocatio in ius e della pendenza del processo, secondo la disciplina dettata dall’art. 420-bis, il giudice dovrà disporre ulteriori ricerche per la notifica a mani e, alla fine, pronunciare la sentenza di non doversi procedere prevista dall’art. 420-quater.

La persona sottoposta alle indagini, o l’imputato, è avvertito che è suo onere indicare al difensore ogni recapito, anche telefonico, o indirizzo di posta elettronica nella sua disponibilità, ove il difensore possa effettuare le comunicazioni, nonché informarlo di ogni loro successivo mutamento.

Coerentemente con l’introduzione delle modalità telematiche, quale modalità principale e generalizzata di esecuzione delle notificazioni, si introduce una specifica causa di nullità con riferimento all’ipotesi in cui il mezzo adottato non possieda i requisiti tecnici indicati all’art. 148, comma 1, idonei ad assicurare certezza anche temporale dell’avvenuta trasmissione e ricezione, l’identità del mittente e del destinatario dell’atto e l’integrità dell’atto, e si modifica la causa di nullità prevista dalla lettera b) del comma 1 della disposizione, includendovi anche il caso che l’incertezza assoluta attenga all’identità della parte privata mittente. Inoltre, in conseguenza delle modifiche apportate con riguardo agli avvisi da fornire all’imputato connessi all’introduzione generalizzata della sua domiciliazione ex lege dell’imputato presso il difensore, si adegua la causa di nullità prevista dalla lettera e).

  • INDAGINI PRELIMINARI

È introdotto un procedimento incidentale di verifica della tempestività dell’iscrizione a ruolo della notizia di reato (comma 6 dell’art. 335-quater). L’interessato deve proporla indicando le ragioni che la sorreggono e gli atti del procedimento da cui è desunto il ritardo (comma 1).

Nuova regola di giudizio per richiedere archiviazione: Quando gli elementi acquisiti nel corso delle indagini preliminari non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna o di applicazione di una misura di sicurezza diversa dalla confisca, il pubblico ministero presenta al giudice richiesta di archiviazione.

Viene mantenuta l’idea dell’opportunità di riconoscere al pubblico ministero un cd. termine di riflessione, destinato a interporsi tra lo spirare del termine per la conclusione delle indagini preliminari e il concretizzarsi della scelta tra l’esercizio dell’azione penale o l’archiviazione. Significativo profilo di differenziazione rispetto alla riforma Orlando è costituito dall’esplicita considerazione di limiti alla discovery ulteriori e diversi rispetto al tradizionale, più o meno ampio, richiamo della casistica di cui all’art. 407, co. 2, cod. proc. pen., e segnatamente delle «eventuali ulteriori esigenze di cui all’articolo 7, paragrafo 4, della direttiva 2012/13/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012», disposizione che individua le ipotesi di deroga al diritto di accesso alla documentazione relativa all’indagine penale. Senza dubbio, tuttavia, l’aspetto di maggior rilevanza è costituito dai criteri di delega in cui si prevede la necessità di introdurre finestre di giurisdizione, e cioè interventi del giudice (e, dunque, non più solo del procuratore generale), laddove l’inerzia del pubblico ministero provochi una «stasi del procedimento». Infatti, «[…] il pubblico ministero esercita l’azione penale o richiede l’archiviazione entro tre mesi dalla scadenza del termine di cui all’articolo 405, comma 2 o, se ha disposto la notifica dell’avviso della conclusione delle indagini preliminari, entro tre mesi dalla scadenza dei termini di cui all’articolo 415-bis, comma 3 e 4».

Il termine massimo per reati specificamente previsti è di 15 mesi.

Volontà di contrastare il ricorso alla AVOCAZIONE: È prevista la possibilità per il P.M. di presentare al procuratore generale – ovviamente prima della scadenza del termine per la conclusione delle indagini preliminari di cui all’art. 405, co. 2 – una «richiesta motivata di differimento della notifica dell’avviso di cui al comma 1», nelle seguenti circostanze: a) quando è stata richiesta l’applicazione della misura della custodia cautelare in carcere o degli arresti domiciliari e il giudice non ha ancora provveduto o quando, fuori dai casi di latitanza, la misura applicata non è stata ancora eseguita; b) quando la conoscenza degli atti d’indagine può concretamente mettere in pericolo la vita o l’incolumità di una persona o la sicurezza dello Stato ovvero, nei procedimenti per taluno dei delitti indicati nell’articolo 407, comma 2, arrecare un concreto pregiudizio, non evitabile attraverso la separazione dei procedimenti o in altro modo, per atti o attività di indagine specificamente individuati, rispetto ai quali non siano scaduti i termini di indagine e che siano diretti all’accertamento dei fatti, all’individuazione o alla cattura dei responsabili o al sequestro di denaro, beni o altre utilità di cui è obbligatoria la confisca. Il comma 5-ter prevede quindi che, nei venti giorni successivi al deposito della richiesta del pubblico ministero, il procuratore generale provveda con decreto motivato.

IMPORTANTE PER L’AVVOCATO: il nuovo art. 415-ter c.p.p. che, sotto la rubrica Diritti e facoltà dell’indagato e della persona offesa in caso di inosservanza dei termini per la conclusione delle indagini preliminari, riconosce all’indagato e alla p.o. la facoltà di accedere agli atti di indagine nel caso in cui il P.M. non rispetti il cd. termine di riflessione. In particolare, al comma 1, la nuova disposizione stabilisce che, salvo il tempestivo ottenimento di un’autorizzazione al differimento secondo una procedura essenzialmente analoga a quella – sopra vista – di cui ai co. 5-bis e 5-ter dell’art. 415-bis (e preclusa laddove quest’ultima sia stata già esperita: v. comma 4), una volta scaduto il termine di riflessione senza aver esercitato l’azione penale, o aver richiesto l’archiviazione, la documentazione relativa alle indagini espletate debba essere depositata in segreteria, con riconoscimento della facoltà di esaminarla e di estrarne copia alla persona sottoposta a indagini e alla persona offesa (purché quest’ultima, nella notizia di reato o successivamente, abbia dichiarato di volere essere informata della conclusione delle indagini). DEVE ESSERE NOTIFICATO AVVISO DI DEPOSITO + AVVISO DELLA FACOLTA’ DI RIVOLGERSI AL GIUDICE IN CASO DI STASI DEL PROCEDIMENTO. Se non adempie, interviene il Procuratore Generale fissando un termine di 20 giorni.

N.B. In caso di richiesta di archiviazione la stessa non deve essere notificata alla PO che abbia rimesso la querela.

«Il controllo giurisdizionale sulla legittimità della perquisizione – art. 1, co. 24:

Art. 252-bis c.p.p. – Opposizione al decreto di perquisizione emesso dal pubblico ministero: è prevista la facoltà di proporre opposizione al decreto di perquisizione a cui non sia seguito sequestro entro 10 giorni dalla data di esecuzione del provvedimento o dalla diversa data in cui l’interessato ha avuto conoscenza dell’avvenuta perquisizione.

i vizi deducibili sono esclusivamente quelli che attengono ai presupposti sostanziali previsti dalla legge per l’effettuazione della perquisizione, solo in assenza dei quali l’ingerenza nelle libertà del singolo può definirsi “arbitraria”.

N.B. La previsione di uno specifico rimedio è stata circoscritta alla sola ipotesi interessata dalla pronuncia della Corte di Strasburgo, posto che, nei casi nei quali alla perquisizione segua un sequestro, è già disponibile il ricorso per riesame.

6. UDIENZA PRELIMINARE

« I nuovi termini per la costituzione di parte civile – art. 1, co. 9, lett. o)

IMPORTANTE PER L’AVVOCATO: Art. 78 c.p.p. – Formalità della costituzione di parte civile (Omissis) 1-bis. Il difensore cui sia stata conferita la procura speciale ai sensi dell’articolo 100, nonché la procura per la costituzione di parte civile a norma dell’articolo 122, se in questa non risulta la volontà contraria della parte interessata, può conferire al proprio sostituto, con atto scritto, il potere di sottoscrivere e depositare l’atto di costituzione.

Il legislatore delegante ha previsto, in particolare, che la procura rilasciata ai sensi dell’articolo 122 c.p.p. – la quale legittima all’esercizio del diritto sostanziale di reclamare le restituzioni e il risarcimento del danno generati dal reato – conferisce al difensore, che sia anche munito di procura speciale ex art. 100 c.p.p. (e sia, quindi, legittimato a stare in giudizio), la facoltà di trasferire ad altri il potere di sottoscrivere l’atto di costituzione della parte civile, salva la diversa volontà della parte.

Art. 79 c.p.p. – Termine per la costituzione di parte civile 1. La costituzione di parte civile può avvenire per l’udienza preliminare, prima che siano ultimati gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti, o, quando manca l’udienza preliminare, fino a che non siano compiuti gli adempimenti previsti dall’articolo 484 o dall’articolo 554-bis, comma 2. I termini previsti dal comma 1 sono stabiliti a pena di decadenza. 3. Quando la costituzione di parte civile è consentita fino a che non siano compiuti gli adempimenti previsti dall’articolo 484, se la stessa avviene dopo la scadenza del termine previsto dall’articolo 468 comma 1, la parte civile non può avvalersi della facoltà di presentare le liste dei testimoni, periti o consulenti tecnici.

« La nuova regola di giudizio per l’udienza preliminare – art. 1, co. 9, lett. a)

Art. 425 c.p.p. – Sentenza di non luogo a procedere. (Omissis) 3. Il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere anche quando gli elementi acquisiti non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna.

  • PROCEDIMENTI SPECIALI

In caso di PATTEGGIAMENTO, per estendere, come richiesto dall’art. 1, comma 10, lett. a), n. 1 della legge delega, i poteri negoziali delle parti alla confisca facoltativa (in ogni caso di patteggiamento) e alle pene accessorie (in caso di patteggiamento allargato), si propongono due interventi.

In primo luogo, si modifica l’art. 444, comma 1, c.p.p., enunciando detti nuovi poteri delle parti, connotati da facoltatività (le parti “possono”, non sono obbligate). Nell’ambito di questo intervento e con riguardo specifico alle pene accessorie, viene fatto salvo il peculiare assetto voluto dall’art. 444, comma 3-bis, c.p.p. nella sfera dei reati contro la P.A. In secondo luogo (e di conseguenza), si interviene sull’art. 444, comma 2 c.p.p., estendendo la verifica del giudice ai due nuovi oggetti, la confisca e le pene accessorie. In particolare, si ritiene che passare dall’attuale singolare (“congrua la pena indicata”) al plurale (“congrue le pene indicate”) sia idoneo a ricomprendere le pene accessorie.

In caso di GIUDIZIO IMMEDIATO, i criteri di delega sono intesi a favorire la trasformazione del giudizio immediato (ordinario) in rito speciale deflativo. A tal fine si intende rendere obbligatoria (“il giudice fissa in ogni caso…”), a richiesta dell’imputato, la celebrazione di una udienza camerale a ciò deputata, in cui, anche a fronte del non accoglimento della originaria richiesta, l’imputato possa — in quel momento — presentare richieste ulteriori, sempre nell’ottica di definire il procedimento.

Per il DECRETO PENALE DI CONDANNA è prevista un’ulteriore riduzione di 1/5 della pena pecuniaria se nei 15 giorni successivi si paga, conseguentemente rinunciando all’opposizione.

MAP: può essere richiesta dal PM. Ricevuta tale proposta, la persona sottoposta ad indagini deve – entro il termine di venti giorni – manifestare la propria adesione alla proposta del pubblico ministero. Si tratta dello stesso termine che l’art. 415 bis, co. 3, c.p.p. assegna alla persona sottoposta ad indagini per esercitare alcune scelte procedimentali (presentazione di memorie; formulazione di richieste di indagine; richiesta di interrogatorio). Entro tale termine, dunque, la persona sottoposta ad indagini deve manifestare la propria adesione alla proposta del pubblico ministero, personalmente o a mezzo di procuratore speciale (con una forma di manifestazione del consenso che è coerente alle altre ipotesi di messa alla prova). La manifestazione di adesione può essere depositata presso la segreteria del pubblico ministero anche con modalità telematica (v. art. 111 bis c.p.p.). È solo il caso di evidenziare che – laddove il pubblico ministero riesca ad elaborare una proposta di MAP coerente con le risultanze del procedimento e con il profilo soggettivo della persona sottoposta ad indagini – è probabile che essa incontri l’adesione dell’interessato ed è dunque possibile che l’istituto possa esercitare anche l’auspicabile effetto deflativo. Ove, viceversa, il pubblico ministero formuli proposte di MAP che la persona sottoposta ad indagini reputa eccessivamente gravose, più limitato sarà il tasso di adesioni alla proposta formulata dal PM e, conseguentemente, significativamente inferiore sarà l’effetto deflativo dell’istituto, considerato che in tal caso il procedimento seguirebbe il suo corso ordinario. In questo secondo scenario (proposte di MAP formulate dal PM eccessivamente “gravose”), tuttavia, nessun pregiudizio vi sarà sulla posizione della persona sottoposta a procedimento penale; quest’ultima, infatti, potrà comunque non aderire alla proposta del pubblico ministero e – nelle successive scansioni del procedimento – conserverà la facoltà di sottoporre all’attenzione del giudice una propria richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova nelle forme già oggi previste.

  • GIUDIZIO

Quando non è possibile esaurire il dibattimento in una sola udienza, il presidente, dopo la lettura dell’ordinanza con cui provvede sulle richieste di prova, sentite le parti, stabilisce il calendario delle udienze, assicurando celerità e concentrazione e indicando per ciascuna udienza le specifiche attività da svolgere. Inoltre, deve indicare quali persone sentire, indicando quando.

Nella formulazione proposta, il calendario di udienza costituisce uno strumento per razionalizzare il corso delle attività dibattimentali, evitando – grazie alla programmazione – rinvii inutili o la celebrazione di udienze interlocutorie, ma nel rispetto di una specifica esigenza di celerità e senza rinunciare all’immediatezza del dibattimento.

In fase di richiesta di prove, bisogna illustrarne esclusivamente l’ammissibilità ai sensi degli articoli 189 e 190, comma 1. La modifica intende enfatizzare l’introduzione di «un momento dialettico che accompagni le richieste di prova delle parti» a beneficio di un consapevole e razionale esercizio del sindacato giudiziale previsto dagli artt. 189 e 190 c.p.p., al fine di evitare un ingresso incontrollato di prove nel dibattimento e, quindi, appesantire l’istruttoria o impedire una effettiva programmazione del lavoro.

N.B. Almeno 7 giorni prima dell’udienza, i periti devono depositare la relazione tecnica. Tuttavia, non è stata prevista alcuna sanzione per i professionisti che disattendano il termine.

MUTAMENTO DEL GIUDICE: Se il giudice muta nel corso del dibattimento, la parte che vi ha interesse ha diritto di ottenere l’esame delle persone che hanno già reso dichiarazioni nel medesimo dibattimento nel contraddittorio con la persona nei cui confronti le dichiarazioni medesime saranno utilizzate, salvo che il precedente esame sia stato documentato integralmente mediante mezzi di riproduzione audiovisiva. In ogni caso, la rinnovazione dell’esame può essere disposta quando il giudice la ritenga necessario sulla base di specifiche esigenze.

  • PROCEDIMENTO DAVANTI AL TRIBUNALE IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA

Il criterio di delega sub l) risulta finalizzato ad estendere il numero dei reati per i quali si procede a citazione diretta, con corrispondente riduzione dell’area dell’udienza preliminare.

La scelta espressa nella legge delega è stata invece quella di ampliare il novero delle eccezioni già previste nel secondo comma dell’art. 550 c.p.p. sulla base di due criteri: quello formale, per cui deve trattarsi di delitti puniti con pena edittale detentiva non superiore nel massimo a sei anni, quindi delitti puniti con un massimo edittale di pena detentiva ricompreso tra quattro e sei anni, anche se congiunta alla pena della multa, e quello sostanziale della non complessità di accertamento.

In base a tali criteri, dunque, si dovrà procedere a citazione diretta per i reati puniti con pena edittale massima compresa tra i quattro e i sei anni, sempre che non presentino rilevanti difficoltà di accertamento.

In attuazione della delega, sono stati individuati una serie di delitti i quali, almeno nella norma, non richiedono indagini complesse. Si sono considerati tali, per esempio, i reati che avvengono in pubblico, di fronte ad una pluralità di testimoni, come gli atti osceni in luogo pubblico aggravati (art. 527 comma 2 c.p.) o il danneggiamento di cose mobili o immobili in occasione di manifestazioni pubbliche (art. 635 comma 3 c.p.) l’apologia di delitto (art. 414 c.p.) e l’istigazione a disobbedire alle leggi (art. 415 c.p.). Anche la violazione della pubblica custodia di cose (art. 351 c.p.) e la bigamia (art. 611 c.p.) appaiono di regola di non complesso accertamento, così come i reati caratterizzati da violenza o minaccia, ad esempio l’evasione aggravata da violenza o minaccia (art. 385 comma 2 prima parte c.p.) o la violenza o minaccia per costringere a commettere un reato (art. 611 c.p.). Si sono esclusi, invece, i reati che possono richiedere accertamenti più delicati, come la procurata evasione e l’agevolazione delle comunicazioni dei detenuti sottoposti allo speciale regime penitenziario di cui all’art. 41-bis O.P. (art. 391-bis). È stato inoltre ritenuto che esistano numerose fattispecie rientranti tra i delitti contro la fede pubblica il cui accertamento non appare complesso in quanto emerge da circostanze di fatto: per esempio le falsità in monete (artt. 454, 460, 461 c.p.), le contraffazioni di pubblici sigilli (artt. 467 e 468 c.p.), oltre all’indebito utilizzo, la falsificazione, la detenzione o la cessione di carte credito (art. 493-ter c.p.). Un discorso analogo può essere svolto per alcuni casi di falsità personale (artt. 495, 495-ter, 496, 497-bis e 497-ter). Sono invece stati esclusi i falsi in atti pubblici, che spesso richiedono indagini più complesse. Per quanto riguarda i reati contro il patrimonio, sono stati ritenuti riconducibili al criterio di delega la truffa aggravata (art. 640 cpv. c.p.), la frode in assicurazione (art. 642 c.p.) e l’appropriazione indebita (art. 646 c.p.), tenendo anche conto che i querelanti spesso si fanno parti attive con produzioni documentali o indicando persone informate sui fatti…”.

N.B. In relazione ai reati tributari è stata ritenuta di non complesso accertamento solo la fattispecie dell’omessa dichiarazione (art. 5 c. 1 e 1-bis); per gli altri reati tributari e per i reati fallimentari è stata mantenuta l’udienza preliminare.

« la nuova udienza filtro: Art. 554-bis – Udienza di comparizione predibattimentale a seguito di citazione diretta

1.L’udienza di comparizione predibattimentale si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria del pubblico ministero e del difensore dell’imputato. 2. Il giudice procede agli accertamenti relativi alla costituzione delle parti, ordinando la rinnovazione degli avvisi, delle citazioni, delle comunicazioni e della notificazione di cui dichiara la nullità. Se l’imputato non è presente si applicano le disposizioni di cui agli articoli 420, 420-bis, 420-ter, 420- quater, 420-quinquies e 420-sexies. 3. Le questioni indicate nell’articolo 491, commi 1 e 2, o quelle che la legge prevede siano proposte entro i termini di cui all’articolo 491, comma 1, sono precluse se non sono proposte subito dopo compiuto per la prima volta l’accertamento della costituzione delle parti e sono decise immediatamente. Esse non possono essere riproposte nell’udienza dibattimentale. Si applicano i commi 3, 4 e 5 dell’articolo 491. 4. Il giudice, quando il reato è perseguibile a querela, verifica se il querelante, ove presente, è disposto a rimettere la querela e il querelato ad accettare la remissione. 5. In caso di violazione della disposizione di cui all’articolo 552, comma 1, lettera c), il giudice, anche d’ufficio, sentite le parti, invita il pubblico ministero a riformulare l’imputazione e, ove lo stesso non vi provveda, dichiara, con ordinanza, la nullità dell’imputazione e dispone la restituzione degli atti al pubblico ministero. 6. Al fine di consentire che il fatto, la definizione giuridica, le circostanze aggravanti e quelle che possono comportare l’applicazione di misure di sicurezza, siano indicati in termini corrispondenti a quanto emerge dagli atti, il giudice, anche d’ufficio, sentite le parti, invita il pubblico ministero ad apportare le necessarie modifiche e, ove lo stesso non vi provveda, dispone, con ordinanza, la restituzione degli atti al pubblico ministero. Quando il pubblico ministero modifica l’imputazione, procede alla relativa contestazione e la modifica dell’imputazione è inserita nel verbale di udienza. Quando l’imputato non è presente in aula, neppure mediante collegamento a distanza, il giudice sospende il processo, rinvia a una nuova udienza e dispone che il verbale sia notificato all’imputato entro un termine non inferiore a dieci giorni dalla data della nuova udienza. 7. Se, a seguito della modifica dell’imputazione, il reato risulta attribuito alla cognizione del tribunale in composizione collegiale anziché monocratica, l’inosservanza delle disposizioni sulla composizione del giudice è rilevata o eccepita, a pena di decadenza, immediatamente dopo la nuova contestazione ovvero, nel caso indicato nell’ultimo periodo del comma 6, prima del compimento di ogni altro atto nella nuova udienza fissata a norma del medesimo comma. Se, a seguito della modifica, risulta un reato per il quale è prevista l’udienza preliminare e questa non si è tenuta, la relativa eccezione è proposta, a pena di decadenza, entro gli stessi termini indicati nel periodo che precede. 8. Il verbale dell’udienza predibattimentale è redatto in forma riassuntiva a norma dell’articolo 140, comma 2.

10. LE IMPUGNAZIONI

Art. 581 c.p.p. – Forma dell’impugnazione. 1. L’impugnazione si propone con atto scritto nel quale sono indicati il provvedimento impugnato, la data del medesimo e il giudice che lo ha emesso, con l’enunciazione specifica, a pena di inammissibilità: a) dei capi o dei punti della decisione ai quali si riferisce l’impugnazione; b) delle prove delle quali si deduce l’inesistenza, l’omessa assunzione o l’omessa o erronea valutazione; c) delle richieste, anche istruttorie; d) dei motivi, con l’indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. 1-bis. L’appello è inammissibile per mancanza di specificità dei motivi quando, per ogni richiesta, non sono enunciati in forma puntuale ed esplicita i rilievi critici in relazione alle ragioni di fatto o di diritto espresse nel provvedimento impugnato, con riferimento ai capi e punti della decisione ai quali si riferisce l’impugnazione. 1-ter. Con l’atto d’impugnazione delle parti private e dei difensori è depositata, a pena d’inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio.

Modalità di presentazione: telematicamente oppure personalmente, anche a mezzo di incaricato, nella cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato. In tal caso, il pubblico ufficiale addetto vi appone l’indicazione del giorno in cui riceve l’atto e della persona che lo presenta, lo sottoscrive, lo unisce agli atti del procedimento e rilascia, se richiesto, attestazione della ricezione.

N.B. I termini previsti dal comma 1 sono aumentati di quindici giorni per l’impugnazione del difensore dell’imputato giudicato in assenza.

Art. 598-bis. – Decisioni in camera di consiglio senza la partecipazione delle parti. 1. La corte provvede sull’appello in camera di consiglio. Se non è diversamente stabilito e in deroga a quanto previsto dall’articolo 127, essa giudica sui motivi, sulle richieste e sulle memorie senza la partecipazione delle parti. Fino a quindici giorni prima dell’udienza, il procuratore generale presenta le sue richieste e tutte le parti possono presentare motivi nuovi, memorie e, fino a cinque giorni prima, memorie di replica. Il provvedimento emesso in seguito alla camera di consiglio è depositato in cancelleria al termine dell’udienza. Il deposito equivale alla lettura in udienza ai fini di cui all’articolo 545. 2. L’appellante e, in ogni caso, l’imputato o il suo difensore possono chiedere di partecipare all’udienza. La richiesta è irrevocabile ed è presentata, a pena di decadenza, nel termine di quindici giorni dalla notifica del decreto di citazione di cui all’articolo 601 o dell’avviso della data fissata per il giudizio di appello. La parte privata può presentare la richiesta esclusivamente a mezzo del difensore. Quando la richiesta è ammissibile, la corte dispone che l’udienza si svolga con la partecipazione delle parti e indica se l’appello sarà deciso a seguito di udienza pubblica o in camera di consiglio, con le forme previste dall’articolo 127. Il provvedimento è comunicato al procuratore generale e notificato ai difensori. 3. La corte può disporre d’ufficio che l’udienza si svolga con la partecipazione delle parti per la rilevanza delle questioni sottoposte al suo esame, con provvedimento nel quale è indicato se l’appello sarà deciso a seguito di udienza pubblica o in camera di consiglio, con le forme previste dall’articolo 127. Il provvedimento è comunicato al procuratore generale e notificato ai difensori, salvo che ne sia stato dato avviso con il decreto di citazione di cui all’articolo 601. 4. La corte, in ogni caso, dispone che l’udienza si svolga con la partecipazione delle parti quando ritiene necessario procedere alla rinnovazione dell’istruzione dibattimentale a norma dell’articolo 603.

  1. DEINDICIZZAZIONE IN CASO DI DECRETO DI ARCHIVIAZIONE, SENTENZA DI NON LUOGO A PROCEDERE O DI ASSOLUZIONE

Art. 64-ter disp. att. c.p.p. – Diritto all’oblio degli imputati e delle persone sottoposte ad indagini. 1. La persona nei cui confronti sono stati pronunciati una sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere ovvero un provvedimento di archiviazione può richiedere che sia preclusa l’indicizzazione o che sia disposta la deindicizzazione, sulla rete internet, dei dati personali riportati nella sentenza o nel provvedimento, ai sensi e nei limiti dell’articolo 17 del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 52 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196. 2. Nel caso di richiesta volta a precludere l’indicizzazione, la cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento appone e sottoscrive la seguente annotazione, recante sempre l’indicazione degli estremi del presente articolo: «Ai sensi e nei limiti dell’articolo 17 del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, è preclusa l’indicizzazione del presente provvedimento rispetto a ricerche condotte sulla rete internet a partire dal nominativo dell’istante.». 3. Nel caso di richiesta volta ad ottenere la deindicizzazione, la cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento appone e sottoscrive la seguente annotazione, recante sempre l’indicazione degli estremi del presente articolo: «Il presente provvedimento costituisce titolo per ottenere, ai sensi e nei limiti dell’articolo 17 del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, un provvedimento di sottrazione dell’indicizzazione, da parte dei motori di ricerca generalisti, di contenuti relativi al procedimento penale, rispetto a ricerche condotte a partire dal nominativo dell’istante.».

Il rinvio all’art. 17 del Regolamento sulla protezione dei dati (“Diritto alla cancellazione – diritto all’oblio”) vuole garantire il rispetto della disciplina comunitaria, imposto dalla delega. Non si è ritenuto opportuno effettuare un rinvio maggiormente specifico, mediante espressa menzione dell’art. 17, comma 1, lett. e) e dell’art. 19 del Regolamento: ciò non perché si ritenga che dette norme non siano applicabili, ma all’opposto perché il rinvio all’art. 17 del Regolamento senza ulteriori specificazioni appare in grado di meglio evocare – in modo recettizio – l’istituto del diritto all’oblio nella sua interezza, anche a fronte di future modifiche della disciplina U.E. Accogliendo il suggerimento n. 6 del Garante per la protezione dei dati personali, relativo al comma 1 della disposizione, si è inserita la richiesta clausola di salvaguardia dell’art. 52, comma 1, d.lgs. n. 196 del 2003.

  1. PENE SOSTITUTIVE DELLE PENE DETENTIVE BREVI

Art. 20-bis c.p. Pene sostitutive delle pene detentive brevi: Salvo quanto previsto da particolari disposizioni di legge, le pene sostitutive della reclusione e dell’arresto sono disciplinate dal Capo III della legge 24 novembre 1981, n. 689 e sono le seguenti:

  1. la semilibertà sostitutiva;
  2. la detenzione domiciliare sostitutiva;
  3. il lavoro di pubblica utilità sostitutivo;
  4. la pena pecuniaria sostitutiva.

La semilibertà sostitutiva e la detenzione domiciliare sostitutiva possono essere applicate dal giudice in caso di condanna alla reclusione o all’arresto non superiori a quattro anni. Il lavoro di pubblica utilità sostitutivo può essere applicato dal giudice in caso di condanna alla reclusione o all’arresto non superiori a tre anni. La pena pecuniaria sostitutiva può essere applicata dal giudice in caso di condanna alla reclusione o all’arresto non superiori a un anno.

N.B. Il concetto di pena detentiva “breve” cambia e si allinea, nel giudizio di cognizione, con quello individuato in sede di esecuzione dall’art. 656, co. 5 c.p.p. Per effetto di interventi legislativi e della Corte costituzionale, infatti, il limite di pena detentiva inflitta fino al quale, di norma, il pubblico ministero deve sospendere l’ordine di esecuzione, dando al condannato la possibilità di chiedere al tribunale di sorveglianza una misura alternativa alla detenzione, è di quattro anni. Di fatto, la pena detentiva breve, nell’esecuzione penale, è la pena fino a quattro anni, che può essere eseguita ab initio fuori dal carcere, previa concessione di una misura alternativa alla detenzione. La scelta della l. n. 134/2021 è di allineare il limite massimo della pena sostituibile con quello entro il quale in sede di esecuzione può applicarsi una misura alternativa alla detenzione. Questa scelta comporta due effetti positivi sul sistema: a) fa venir meno l’integrale sovrapposizione dell’area della pena sospendibile con quella della pena sostituibile, ai sensi della l. n. 689/1981, promettendo così di rivitalizzare nella prassi le pene sostitutive; b) consente al giudice di cognizione di applicare pene, diverse da quella detentiva, destinate a essere eseguite immediatamente, dopo la definitività della condanna, senza essere ‘sostituite’ con misure alternative da parte del tribunale di sorveglianza, spesso a distanza di molto tempo dalla condanna stessa (come testimonia l’allarmante fenomeno dei c.d. liberi sospesi). La riforma, in altri termini, realizza una anticipazione dell’alternativa al carcere all’esito del giudizio di cognizione.

Nella prospettiva del processo, la valorizzazione delle pene sostitutive rappresenta, anzitutto, un incentivo ai riti alternativi. Basti pensare all’ampliamento dell’operatività del procedimento per decreto (per effetto del raddoppio – da sei mesi a un anno – del limite di pena detentiva sostituibile con la pena pecuniaria, nonché della possibilità di applicare, con il decreto di condanna, il lavoro di pubblica utilità sostitutivo), ovvero alla possibilità di patteggiare una pena sostitutiva di una pena detentiva fino a quattro anni, con la garanzia di evitare l’ingresso in carcere. In secondo luogo, la valorizzazione, tra le pene sostitutive, del lavoro di pubblica utilità, con il quale può essere sostituita la pena detentiva fino a tre anni, concorre alla riduzione delle impugnazioni, essendo prevista dalla legge delega (art. 1, co. 13, lett. e) l’inappellabilità delle sentenze di condanna al lavoro di pubblica utilità.

Sempre sul terreno processuale, inoltre, la valorizzazione delle pene sostitutive, irrogabili dal giudice di cognizione, promette una riduzione dei procedimenti davanti al tribunale di sorveglianza, oggi sovraccarichi e incapaci, in molti distretti, di far fronte in tempi ragionevoli alle istanze di concessione di misure alternative, come testimonia il fenomeno dei c.d. liberi sospesi.

Art. 175 c.p. Non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale. Se, con una prima condanna, è inflitta una pena detentiva non superiore a due anni, ovvero una pena pecuniaria non superiore a euro 516, il giudice, avuto riguardo alle circostanze indicate nell’articolo 133, può ordinare in sentenza che non sia fatta menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, spedito a richiesta di privati, non per ragione di diritto elettorale. La non menzione della condanna può essere altresì concessa quando è inflitta congiuntamente una pena detentiva non superiore a due anni ed una pena pecuniaria, che, ragguagliata a norma dell’articolo 135 e cumulata alla pena detentiva, priverebbe complessivamente il condannato della libertà personale per un tempo non superiore a trenta mesi. La non menzione della condanna può essere concessa anche in caso di condanna a pena sostitutiva di una pena detentiva, entro i limiti di pena di cui al primo e al secondo comma. Se il condannato commette successivamente un delitto, l’ordine di non fare menzione della condanna precedente è revocato.

Art. 53. Sostituzione delle pene detentive brevi. Il giudice, nel pronunciare sentenza di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, quando ritiene di dover determinare la durata della pena detentiva entro il limite di quattro anni, può sostituire tale pena con quella della semilibertà o della detenzione domiciliare; quando ritiene di doverla determinare entro il limite di tre anni, può sostituirla anche con il lavoro di pubblica utilità; quando ritiene di doverla determinare entro il limite di un anno, può sostituirla altresì con la pena pecuniaria della specie corrispondente, determinata ai sensi dell’articolo 56-quater. Con il decreto penale di condanna, il giudice, su richiesta dell’indagato o del condannato, può sostituire la pena detentiva determinata entro il limite di un anno, oltre che con la pena pecuniaria, con il lavoro di pubblica utilità. Si applicano le disposizioni dei commi 1-bis e 1-ter dell’articolo 459 del codice di procedura penale. Ai fini della determinazione dei limiti di pena detentiva entro i quali possono essere applicate pene sostitutive, si tiene conto della pena aumentata ai sensi dell’articolo 81 del codice penale.

Art. 55. Semilibertà sostitutiva. La semilibertà sostitutiva comporta l’obbligo di trascorrere almeno otto ore al giorno in un istituto di pena e di svolgere, per la restante parte del giorno, attività di lavoro, di studio, di formazione professionale o comunque utili alla rieducazione ed al reinserimento sociale, secondo il programma di trattamento predisposto e approvato ai sensi dei commi seguenti. I condannati alla semilibertà sostitutiva sono assegnati in appositi istituti o nelle apposite sezioni autonome di istituti ordinari, di cui al secondo comma dell’articolo 48 della legge 26 luglio 1975, n. 354, situati nel comune di residenza, di domicilio, di lavoro o di studio del condannato o in un comune vicino. Durante il periodo di permanenza negli istituti o nelle sezioni indicate nel primo periodo, il condannato è sottoposto alle norme della legge 26 luglio 1975, n. 354, e del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230, in quanto compatibili. Nei casi di cui all’articolo 66, il direttore riferisce al magistrato di sorveglianza e all’ufficio di esecuzione penale esterna. Il semilibero è sottoposto a un programma di trattamento predisposto dall’ufficio di esecuzione penale esterna ed approvato dal giudice, nel quale sono indicate le ore da trascorrere in istituto e le attività da svolgere all’esterno. L’ufficio di esecuzione penale esterna è incaricato della vigilanza e dell’assistenza del condannato in libertà, secondo le modalità previste dall’articolo 118 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230. Si applicano in quanto compatibili le disposizioni previste dall’articolo 101, commi 1, 2 e da 5 a 9, del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230. Al condannato alla pena sostitutiva della semilibertà non si applica l’articolo 120 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.

Art. 56. Detenzione domiciliare sostitutiva. La detenzione domiciliare sostitutiva comporta l’obbligo di rimanere nella propria abitazione o in altro luogo di privata dimora ovvero in luogo pubblico o privato di cura, assistenza o accoglienza ovvero in comunità o in case famiglia protette, per non meno di dodici ore al giorno, avuto riguardo a comprovate esigenze familiari, di studio, di formazione professionale, di lavoro o di salute del condannato. In ogni caso, il condannato può lasciare il domicilio per almeno quattro ore al giorno, anche non continuative, per provvedere alle sue indispensabili esigenze di vita e di salute, secondo quanto stabilito dal giudice. Il giudice dispone la detenzione domiciliare sostitutiva tenendo conto anche del programma di trattamento elaborato dall’ufficio di esecuzione penale esterna, che prende in carico il condannato e che riferisce periodicamente sulla sua condotta e sul percorso di reinserimento sociale. Il luogo di esecuzione della pena deve assicurare le esigenze di tutela della persona offesa dal reato e non può essere un immobile occupato abusivamente. Se il condannato non ha la disponibilità di un domicilio idoneo, l’ufficio di esecuzione penale esterna predispone il programma di trattamento, individuando soluzioni abitative anche comunitarie adeguate alla detenzione domiciliare. Il giudice, se lo ritiene necessario per prevenire il pericolo di commissione di altri reati o per tutelare la persona offesa, può prescrivere procedure di controllo mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici, conformi alle caratteristiche funzionali e operative degli apparati di cui le Forze di polizia abbiano l’effettiva disponibilità. La temporanea indisponibilità di tali mezzi non può ritardare l’inizio della esecuzione della detenzione domiciliare. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all’articolo 275-bis, commi 2 e 3, del codice di procedura penale. Si applica, in quanto compatibile, l’articolo 100 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230. Al condannato alla pena sostitutiva della detenzione domiciliare non si applica l’articolo 120 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.

Art. 56-bis. Lavoro di pubblica utilità sostitutivo Il lavoro di pubblica utilità consiste nella prestazione di attività non retribuita in favore della collettività da svolgere presso lo Stato, le Regioni, le Province, le Città metropolitane, i Comuni o presso enti o organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato. L’attività viene svolta di regola nell’ambito della regione in cui risiede il condannato e comporta la prestazione di non meno di sei ore e non più di quindici ore di lavoro settimanale da svolgere con modalità e tempi che non pregiudichino le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute del condannato. Tuttavia, se il condannato lo richiede, il giudice può ammetterlo a svolgere il lavoro di pubblica utilità per un tempo superiore. La durata giornaliera della prestazione non può comunque oltrepassare le otto ore. Ai fini del computo della pena, un giorno di lavoro di pubblica utilità consiste nella prestazione di due ore di lavoro. Fermo quanto previsto dal presente articolo, le modalità di svolgimento del lavoro di pubblica utilità sono determinate con decreto del Ministro della giustizia, d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. In caso di decreto penale di condanna o di sentenza di applicazione della pena ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, il positivo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, se accompagnato dal risarcimento del danno o dalla eliminazione delle conseguenze dannose del reato, ove possibili, comporta la revoca della confisca eventualmente disposta, salvi i casi di confisca obbligatoria, anche per equivalente, del prezzo, del profitto o del prodotto del reato ovvero delle cose la cui fabbricazione, uso e porto, detenzione o alienazione costituiscano reato. Al condannato alla pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità non si applica l’articolo 120 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.

Art. 56-quater. Pena pecuniaria sostitutiva Per determinare l’ammontare della pena pecuniaria sostitutiva il giudice individua il valore giornaliero al quale può essere assoggettato l’imputato e lo moltiplica per i giorni di pena detentiva. Il valore giornaliero non può essere inferiore a 5 euro e superiore a 2.500 euro e corrisponde alla quota di reddito giornaliero che può essere impiegata per il pagamento della pena pecuniaria, tenendo conto delle complessive condizioni economiche, patrimoniali e di vita dell’imputato e del suo nucleo familiare. Alla sostituzione della pena detentiva con la pena pecuniaria si applica l’articolo 133-ter del codice penale.

Art. 59. Condizioni soggettive per la sostituzione della pena detentiva. La pena detentiva non può essere sostituita: a) nei confronti di chi ha commesso il reato per cui si procede entro tre anni dalla revoca della semilibertà, della detenzione domiciliare o del lavoro di pubblica utilità ai sensi dell’articolo 66, ovvero nei confronti di chi ha commesso un delitto non colposo durante l’esecuzione delle medesime pene sostitutive; è fatta comunque salva la possibilità di applicare una pena sostitutiva di specie più grave di quella revocata; b) con la pena pecuniaria, nei confronti di chi, nei cinque anni precedenti, è stato condannato a pena pecuniaria, anche sostitutiva, e non l’ha pagata, salvi i casi di conversione per insolvibilità ai sensi degli articoli 71 e 103; c) nei confronti dell’imputato a cui deve essere applicata una misura di sicurezza personale, salvo i casi di parziale incapacità di intendere e di volere; d) nei confronti dell’imputato di uno dei reati di cui all’articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, salvo che sia stata riconosciuta la circostanza attenuante di cui all’ articolo 323-bis, secondo comma, del codice penale. Le disposizioni del presente articolo non si applicano agli imputati minorenni.

N.B. LA SOSPENSIONE CONDIZIONALE DELLA PENA NON E’ APPLICABILE ALLE PENE SOSTITUTIVE.

13. MODIFICHE AL CODICE PENALE

Art. 133 ter c.p. Pagamento rateale della multa e dell’ammenda. Il giudice, con la sentenza di condanna o con il decreto penale, può disporre, in relazione alle condizioni economiche e patrimoniali del condannato, che la multa o l’ammenda venga pagata in rate mensili da tre a trenta da sei a sessanta. Ciascuna rata non può essere inferiore a euro 15. Non sono dovuti interessi per la rateizzazione. In ogni momento il condannato può estinguere la pena mediante un unico pagamento.

In particolare, vengono apportate tre diverse modifiche all’art. 133-ter c.p., che fu introdotto dalla l. n. 689/1981. Una prima modifica, relativa ai criteri per la rateizzazione, mira a dare rilevo, accanto alle condizioni economiche, a quelle patrimoniali del condannato. La modifica è in linea con i parametri che il giudice deve considerare ai fini della commisurazione della pena (art. 133 bis c.p.) e della condizione di insolvibilità del condannato (artt. 103 e 71 l. n. 689/1981): non dovrà guardare solo alle condizioni reddituali (alla quota di reddito mensile impiegabile per il pagamento a rate della pena pecuniaria), ma anche alle complessive disponibilità patrimoniali (es. beni mobili e immobili). Una seconda modifica riguarda il numero minimo e massimo delle rate in cui il pagamento può essere dilazionato. Per incentivare il ricorso alla rateizzazione, viene raddoppiato il numero massimo delle rate, che viene elevato da trenta a sessanta. Parallelamente, viene raddoppiato anche il numero minimo, che da tre rate passa a sei. Viene invece mantenuta la previsione del valore minimo di ciascuna rata, pari a 15 euro.

L’aumento del numero di rate consente di dilazionare il pagamento delle pene pecuniarie fino a 5 anni (pari a 60 mesi/rate): la pena minima edittale di 25.822 euro prevista in materia di stupefacenti dall’art. 73, co. 1 d.P.R. n. 309/1990, ad esempio, può oggi essere pagata in 30 rate da 860 euro; potrà esserlo, in futuro, attraverso 60 rate da 430 euro.

  1. PROCEDIBILITÀ A QUERELA

«Estensione del novero dei reati procedibili a querela:

  1. Lesioni personali stradali gravi o gravissime ex art. 590 bis, co. 1 c.p.
  2. Ulteriori reati contro la persona o contro il patrimonio (art. 1, comma 15, lett. b) (anche 625 tranne n.7);
  3. Lesioni personali ex art. 582 c.p.
  4. Sequestro di persona ex art. 605 c.p.
  5. Violenza privata ex art. 610 c.p.
  6. Minaccia art. 612 c.p.
  7. Violazione di domicilio ex art. 614 c.p.
  8. Danneggiamento ex art. 635 c.p.
  9. Truffa ex art. 640 c.p.
  10. Frode informatica ex art. 640-ter c.p. …

Notificazioni al querelante: Art. 153-bis c.p.p. Domicilio del querelante. Notificazioni al querelante. 1. Il querelante, nella querela, dichiara o elegge domicilio per la comunicazione e la notificazione degli atti del procedimento. A tal fine, può dichiarare un indirizzo di posta elettronica certificata o altro servizio elettronico di recapito certificato qualificato. 2. Il querelante ha comunque facoltà di dichiarare o eleggere domicilio anche successivamente alla formulazione della querela, con dichiarazione raccolta a verbale o depositata con le modalità previste dall’articolo 111-bis, ovvero mediante telegramma o lettera raccomandata con sottoscrizione autenticata da un notaio, da altra persona autorizzata o dal difensore. La dichiarazione può essere effettuata anche presso la segreteria del pubblico ministero procedente o presso la cancelleria del giudice procedente. 3. In caso di mutamento del domicilio dichiarato o eletto, il querelante ha l’obbligo di comunicare all’autorità procedente, con le medesime modalità previste dal comma 2, il nuovo domicilio dichiarato o eletto 4. Le notificazioni al querelante che non ha nominato un difensore sono eseguite presso il domicilio digitale e, nei casi di cui all’articolo 148, comma 4, presso il domicilio dichiarato o eletto. 5. Quando la dichiarazione o l’elezione di domicilio mancano o sono insufficienti o inidonee, le notificazioni alla persona offesa che abbia proposto querela sono eseguite mediante deposito dell’atto da notificare nella segreteria del pubblico ministero procedente o nella cancelleria del giudice procedente.

« Remissione della querela:

Art. 152 c.p. Remissione della querela: Nei reati punibili a querela della persona offesa, la remissione estingue il reato. La remissione è processuale o extraprocessuale. La remissione extraprocessuale è espressa o tacita.

Vi è remissione tacita, quando il querelante ha compiuto fatti incompatibili con la volontà di persistere nella querela. Vi è altresì remissione tacita: 1) quando il querelante, senza giustificato motivo, non compare all’udienza alla quale è stato citato in qualità di testimone; 2) quando il querelante ha partecipato a un programma di giustizia riparativa concluso con un esito riparativo; nondimeno, quando l’esito riparativo comporta l’assunzione da parte dell’imputato di impegni comportamentali, la querela si intende rimessa solo quando gli impegni sono stati rispettati La disposizione di cui al terzo comma, numero 1), non si applica quando il querelante è persona incapace per ragioni, anche sopravvenute, di età o di infermità, ovvero persona in condizione di particolare vulnerabilità ai sensi dell’articolo 90-quater del codice di procedura penale. La stessa disposizione non si applica altresì quando la persona che ha proposto querela ha agito nella qualità di esercente la responsabilità genitoriale su un minore, ovvero di rappresentante legale di una persona minore o incapace, ovvero di persona munita di poteri per proporre querela nell’interesse della persona offesa priva in tutto o in parte di autonomia, ovvero di curatore speciale nominato ai sensi dell’articolo 121. La remissione può intervenire solo prima della condanna, salvi i casi per i quali la legge disponga altrimenti. La remissione non può essere sottoposta a termini o a condizioni. Nell’atto di remissione può essere fatta rinuncia al diritto alle restituzioni e al risarcimento del danno.

  1. ESCLUSIONE DELLA PUNIBILITÀ PER PARTICOLARE TENUITÀ DEL FATTO

Art. 131-bis. Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto.

Nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni e nel minimo a due anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell’articolo 133, primo comma, anche in considerazione della condotta susseguente al reato, l’offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale. L’offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità, ai sensi del primo comma, quando l’autore ha agito per motivi abietti o futili, o con crudeltà, anche in danno di animali, o ha adoperato sevizie o, ancora, ha profittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all’età della stessa ovvero quando la condotta ha cagionato o da essa sono derivate, quali conseguenze non volute, la morte o le lesioni gravissime di una persona. L’offesa non può altresì essere ritenuta di particolare tenuità quando si procede:

1)per delitti, puniti con una pena superiore nel massimo a due anni e sei mesi di reclusione, commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive; 2) per i delitti previsti dagli articoli 336, 337 e 341-bis, quando il fatto è commesso nei confronti di un ufficiale o agente di pubblica sicurezza o di un ufficiale o agente di polizia giudiziaria nell’esercizio delle proprie funzioni, nonché per il delitto previsto dall’articolo 343; 3) per i delitti, consumati o tentati, previsti dagli articoli 314, primo comma, 317, 318, 319, 319- bis, 319-ter, 319-quater, primo comma, 320, 321, 322, 322-bis, 391-bis, 423, 423-bis, 558-bis, 582, nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, 583, secondo comma, 583-bis, 593-ter, 600-bis, 600-ter, primo comma, 609-bis, 609-quater, 609-quinquies, 609-undecies, 612- bis, 612-ter, 613-bis, 628, terzo comma, 629, 644, 648-bis, 648-ter; 4) per i delitti, consumati o tentati, previsti dall’articolo 19, quinto comma, della legge 22 maggio 1978, n. 194, dall’articolo 73 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, salvo che per i delitti di cui al comma 5 del medesimo articolo, e dagli articoli 184 e 185 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.

16. GIUSTIZIA RIPARATIVA

1. I programmi di giustizia riparativa disciplinati dal presente decreto sono accessibili senza preclusioni in relazione alla fattispecie di reato o alla sua gravità. 2. Ai programmi di cui al comma 1 si può accedere in ogni stato e grado del procedimento penale, nella fase esecutiva della pena e della misura di sicurezza, dopo l’esecuzione delle stesse e all’esito di una sentenza di non luogo a procedere o di non doversi procedere, per difetto della condizione di procedibilità, anche ai sensi dell’articolo 344-bis del codice di procedura penale, o per intervenuta causa estintiva del reato. 3. Qualora si tratti di delitti perseguibili a querela, ai programmi di cui al comma 1 si può accedere anche prima che la stessa sia stata proposta.

Art. 48 – Consenso alla partecipazione ai programmi di giustizia riparativa 1. Il consenso alla partecipazione ai programmi di giustizia riparativa è personale, libero, consapevole, informato ed espresso in forma scritta. È sempre revocabile anche per fatti concludenti. 2. Per la persona minore d’età che non ha compiuto gli anni quattordici, il consenso è espresso, previo ascolto e assenso della stessa, tenuto conto della sua capacità di discernimento, dall’esercente la responsabilità genitoriale o, nei casi di cui all’articolo 121 del codice penale, dal curatore speciale. 3. Per la persona minore d’età che ha compiuto gli anni quattordici, il consenso è espresso dalla stessa e dall’esercente la responsabilità genitoriale o, nei casi di cui all’articolo 121 del codice penale, dal curatore speciale. Qualora l’esercente la responsabilità genitoriale o il curatore speciale non presti il consenso, il mediatore, sentiti i soggetti interessati e considerato l’interesse della persona minore d’età, valuta se procedere sulla base del solo consenso di quest’ultima. Restano fermi i limiti inerenti alla capacità di agire del minore. 4. Nel caso di interdetto giudiziale, il consenso è espresso dal tutore, sentito l’interdetto. Nel caso di inabilitato, il consenso è espresso dallo stesso e dal curatore. Nel caso di persona sottoposta ad amministrazione di sostegno, il consenso è espresso da quest’ultima, da sola o con l’assistenza dell’amministratore di sostegno, sulla base delle specifiche indicazioni contenute nei provvedimenti di cui agli articoli 405 e 407, comma 4, del codice civile. 5. Il consenso per l’ente è espresso dal legale rappresentante pro tempore o da un suo delegato. 6. Il consenso viene raccolto nel corso del primo incontro dal mediatore designato, alla presenza del difensore della vittima del reato e del difensore della persona indicata come autore dell’offesa, quando questi lo richiedono.

Art. 51 – Inutilizzabilità 1. Le dichiarazioni rese e le informazioni acquisite nel corso del programma non possono essere utilizzate nel procedimento penale e nella fase dell’esecuzione della pena, fatti salvi i contenuti della relazione di cui all’articolo 57 e fermo quanto disposto nell’articolo 50, comma 1.

Art. 57 – Relazione e comunicazioni all’autorità giudiziaria 1. Al termine del programma viene trasmessa all’autorità giudiziaria procedente una relazione redatta dal mediatore contenente la descrizione delle attività svolte e dell’esito riparativo raggiunto. Ulteriori informazioni sono trasmesse su richiesta dei partecipanti e con il loro consenso. 2. Il mediatore comunica all’autorità giudiziaria procedente anche la mancata effettuazione del programma, l’interruzione dello stesso o il mancato raggiungimento di un esito riparativo, fermo restando quanto disposto dall’articolo 58.

Art. 58 – Valutazione dell’esito del programma di giustizia riparativa 1. L’autorità giudiziaria, per le determinazioni di competenza, valuta lo svolgimento del programma e, anche ai fini di cui all’articolo 133 del codice penale, l’eventuale esito riparativo. 2. In ogni caso, la mancata effettuazione del programma, l’interruzione dello stesso o il mancato raggiungimento di un esito riparativo non producono effetti sfavorevoli nei confronti della persona indicata come autore dell’offesa.

È INTRODOTTA CIRCOSTANZA ATTENUANTE GENERICAo l’avere partecipato a un programma di giustizia riparativa con la vittima del reato, concluso con un esito riparativo. Qualora l’esito riparativo comporti l’assunzione da parte dell’imputato di impegni comportamentali, la circostanza è valutata solo quando gli impegni sono stati rispettati”.

Quando il querelante ha partecipato a un programma di giustizia riparativa concluso con un esito riparativo; nondimeno, quando l’esito riparativo comporta l’assunzione da parte dell’imputato di impegni comportamentali, la querela si intende rimessa solo quando gli impegni sono stati rispettati c’è REMISSIONE DI QUERELA.

Influisce anche sulla SOSPENSIONE CONDIZIONALE DELLA PENA.

Fonte: Relazione pubblicata in G.U.

What do you think?

Written by Roberta Rossi

Il reato di maltrattamenti in famiglia si configura anche in caso di relazione affettiva breve?

Sequestri e reddito di cittadinanza