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La questione migratoria: il punto di vista di Ius – associazione di rappresentanza della Federico II di Napoli

Autore: Emilia Maria Costanzo, appartenente all’associazione di rappresentanza dell’Università Federico II di Napoli, la quale ci ha gentilmente trasmesso questo elaborato in nome del progetto Ius.

Argomento cardine della politica internazionale è, da circa un decennio, la questione migratoria che, per quanto concerne l’Europa e l’Italia, ha come punto d’origine l’Africa. Moltissime le persone che ogni giorno fuggono dal proprio paese: c’è chi parte per trovare condizioni di lavoro migliori; chi, invece, si allontana dalla guerra per assicurare a sé stesso e alla propria famiglia un futuro. Ragioni, non solo definibili umanitarie, ma soprattutto meritevoli giuridicamente tanto da essere tutelate dal diritto internazionale: vi è l’art. 13 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, e l’art. 12 del Patto sui diritti civili e politici. Diritti che sanciscono il diritto a lasciare qualsiasi paese, compreso il proprio, ma anche a poter far ritorno al proprio paese d’origine. È da qui che si origina la questione migratoria. Questione che ha generato scontri tra tanti paesi, soprattutto sul tema della distribuzione dei migranti: se da un lato vi sono i paesi del Mediterraneo, strategici come punto di arrivo per motivi geografici, dall’altro vi sono quelli del Nord Europa, che invece costituiscono spesso la destinazione ultima dei migranti. Al fine di ovviare a questa problematica nel 1997 è entrata in vigore la Convenzione di Dublino, poi sospesa nel 2015, la quale stabilisce che la competenza delle richieste d’asilo all’interno dell’Unione Europea spetti al paese UE nel quale i migranti arrivano. È nella stessa prospettiva che devono essere inquadrate le previsioni sull’obbligo di soccorso sancito dalla Convenzione internazionale SAR di Amburgo: non ci si può limitare soltanto al soccorso dei naufraghi ma sussiste anche l’obbligo di trasferirli in un luogo sicuro. In merito all’espressione “luogo sicuro” va specificato che esso deve essere “una località dove le operazioni di soccorso si considerano concluse e dove la sicurezza dei sopravvissuti o la loro vita non sono più minacciate”. Appare così evidente l’invito ad assicurare lo sbarco, recentemente poi rivolto all’Italia dall’Alto Commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati e dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni, nonché l’esortazione della Commissione Europea a non prolungare mai la permanenza delle persone a bordo delle navi. Tante le associazioni umanitarie, fra cui Amnesty International, che sostengono le cosiddette ONG, le società no-profit impegnate nel salvataggio in mare dei migranti. Associazioni che, impegnate nel nobile scopo di tutela e salvaguardia della vita umana, fanno riferimento ad un principio imprescindibile: l’assoluto divieto di trattamenti inumani e degradanti stabilito dall’art. 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e ripreso dall’art. 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.

Nota: Di ogni violazione di copyright et similia risponde unicamente l’autore del presente articolo, indicato in epigrafe.

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Written by Roberta Rossi

Sequestri e reddito di cittadinanza

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